In passato l’ex Comune di Arzo (dal 2009 quartiere di Mendrisio) ha legato il proprio nome alle cave di marmo presenti sul suo territorio. Anche nello stemma comunale (ideato nel 1953), al centro di una croce bianca in campo rosso in onore dei gonfaloni di Como, Milano e Lugano, compare una cattedrale dorata, a ricordo del contributo offerto dal paese nella costruzione dei duomi delle tre città, a cui lavorarono numerosi scalpellini arzesi.
Villaggio documentato sin dal XII secolo (Arzio, 1335) e arroccato sulle pendici del Monte Pravello, Arzo era amministrativamente e spiritualmente legato alla Pieve di Riva San Vitale fino al 1534, quando divenne parrocchia autonoma con l’elezione a parrocchiale della chiesa dedicata ai Santi Nazaro e Celso. Sino alla metà del XX secolo, come per gli altri comuni della Montagna, l’economia di Arzo si basava principalmente su di un’agricoltura di sussistenza, affiancata dall’estrazione del marmo (l’energia idraulica necessaria per il funzionamento delle segherie era fornita dal torrente Lanza, un affluente del Gaggiolo) e dall’emigrazione periodica, sia stagionale (come nel caso delle maestranze artistiche) che definitiva (a partire dalla fine del XIX secolo soprattutto verso il Vermont, negli Stati Uniti).
Arzo ha cambiato la propria fisionomia produttiva negli ultimi decenni, quando videro la luce alcune fabbriche, nelle quali veniva impiegata in gran parte manodopera femminile frontaliera, mentre il borgo svolgeva una funzione prettamente residenziale visto che i suoi abitanti generalmente lavoravano fuori dai confini comunali. L’unica testimonianza rimasta al giorno d’oggi del passato agricolo del villaggio è la viticoltura, pratica ancora largamente diffusa.
Caratteristiche
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