Il festival di Locarno: cinema e vita

Anni Duemila - Approfondimento


Il Festival Internazionale del film di Locarno compie 66 anni. Li porta benissimo. Oggi la rassegna cinematografica locarnese è un appuntamento di grandissimo richiamo: gli calza a pennello la ormai classica definizione di “più piccolo tra i grandi festival, più grande tra i piccoli festival”.

E forse, a poco a poco, proprio piccolo ormai il festival locarnese non lo è più. E’ sempre un po’ più grande. Simbolo e sostanza del suo successo nazionale e internazionale è l’appuntamento classico con la Piazza Grande, vera sala di proiezione a cielo aperto, una delle più grandi al mondo, con il suo schermo gigante di 26 metri per 14 e una platea di 8.000 spettatori.

Sotto le stelle del cielo d’agosto che sta sopra Locarno, per dieci sere il cinema internazionale di qualità celebra una sua magica festa. Poi naturalmente tutt’intorno, ad ogni ora del giorno, fioriscono centinaia di proiezioni, e poi incontri, confronti, conferenze stampa, visite per il cinema e oltre il cinema. Il festival è un luogo di cinema e di persone, un coagulo eccezionale che a mezza estate convoca a Locarno un grande pubblico e poi registi, attori, produttori, cinefili, critici, giornalisti; e poi ancora politici con responsabilità e curiosità (dal ministro federale della Cultura, ospite fisso e attento, ai governanti locali e nazionali che sanno come la cultura sia fattore ineludibile della società e della comunità).

Il festival ha percorso la sua lunga strada crescendo nel tempo, affermandosi come appuntamento centrale per il cinema in Svizzera (e via via con risalto sempre più rilevante all’estero) passando attraverso le stagioni culturali, politiche, sociali. Ci furono gli anni delle proiezioni nel parco del Grand Hotel, con invitati in smoking e signore in abito da sera. Ci fu il Sessantotto, con le contestazioni ruvide, politicizzate ad oltranza, e quelle immaginose, o libertarie, o propositive, con giusta voglia di svecchiamento.

Si sono alternati presidenti direttori, dirigenti: fare tutti i nomi sarebbe impossibile. Bastino qui quelli di Vinicio Beretta, Sandro Bianconi, Luciano Giudici, Raimondo Rezzonico, Giuseppe Buffi, Marco Solari, David Streiff, Frédéric Maire, Irene Bignardi, Olivier Père. Il nuovo direttore, Carlo Chatrian, di recentissima nomina, ha preso in mano il filo artistico di una lunga storia che vuole continuare.

Naturalmente ci sono anche tutti i problemi connessi, di corollario. C’è la mancanza di uno spazio ideale: alla piazza si aggiunge, con tutte le varie sale, la realtà capiente del palazzo FEVI: ma un vero, definitivo palazzo del Cinema sembra essere il desiderio, realizzabile, di un festival vero, adulto, forte. Intanto la cosiddetta “rotonda del festival” costituisce ogni sera – ed ogni notte – il luogo sociale, mondano, ricreativo e quasi affettivo della rassegna: una specie di Croisette sul Verbano, un cerchio di luce e di vita nella notte d’agosto.

Poi ci sono i problemi strutturali e di finanziamento, i costi, l’amministrazione, l’aggiornamento continuo, le concorrenze interne ed esterne: ne sa qualcosa il presidente Marco Solari il quale, per lasciare la giusta libertà creativa e la tranquillità operativa alla direzione artistica, deve sobbarcarsi tutto il lavoro duro, dietro le quinte, della garanzia politica e culturale, dei contatti, lobbismo, finanziamento, organizzazione, strategie a medio e a lungo termine. Spesso con fatica, spesso con ruvidi confronti anche con parte della realtà politica locale e federale. Ma sempre, alla fine, con risultati dinamici. Insomma, lunga vita al festival.

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